Che rabbia! Imparare a conoscerla per utilizzarla al meglio
Autore: Pietro Ielpo
Che rabbia! Imparare a conoscerla per utilizzarla al meglioLa rabbia, contrariamente a quanto si pensi, non è un'emozione nociva. Quanto meno, non sempre. Imparare a riconoscere la “rabbia sana” da quella “nociva” è il primo passo per utilizzarla in modo efficace. La rabbia, al pari delle altre emozioni di base (Ekman, 2008), nella teoria evoluzionistica è considerata un processo adattivo. Che significa? Ci informa su di nostro bisogno e stimola un comportamento utile al soddisfacimento dello stesso (Leahy et all. 2011). Possiamo immaginare la rabbia come una spia sul cruscotto della nostra auto. Quando si accende è importante fermarsi e capire cosa segnala, piuttosto che ignorarla e continuare la marcia. Possiamo scegliere di ignorarla, sopprimerla (magari perché “non sta bene arrabbiarsi...”), sostituirla con un'altra emozione, agirla con comportamenti violenti o...ascoltarla.
A quanto pare, dunque, non è tanto la rabbia a costituire un problema bensì l'uso che ne facciamo. Come distinguere, allora, una rabbia sana da una nociva? La differenza fra le due è sia di tipo qualitativo che quantitativo. Di Pietro (2015) suggerisce di considerare 4 aspetti delle emozioni:
- Fenomenologico. Come l'emozione fa sentire. Le emozioni sane, per quanto intense, non vengono vissute come “penose” o strazianti.
- Fisiologico. Riguarda l'attivazione neurovegetativa (arousal). Quelle nocive sono intense e con attività prolungata. Sono, inoltre, quelle che sperimentiamo con più frequenza.
- Sociale. Le emozioni hanno una dimensione interpersonale. Comunicano un messaggio all'altro. Un' emozione nociva ha più probabilità di attirare punizioni o allontanare gli altri.
- Comportamentale. Si riferisce alle azioni connesse all'emozione. Quelle nocive hanno comportamenti controproducenti che ostacolano la risoluzione dei problemi.
Ci sono alcuni falsi miti sulla gestione della rabbia (Ellis, 2000):
- Mito n°1: esprimere attivamente la rabbia aiuta a ridurla. Questo mito è legato al cosiddetto “modello idraulico” delle emozioni secondo il quale con il tempo la rabbia si accumula creando un serbatoio di energia negativa. Se non la si sfoga, alla fine si avranno disturbi emotivi. Tutto questo ha portato, soprattutto negli anni 70, ad una serie di interventi (come ad esempio colpire dei cuscini) per placarla. In realtà, agire la rabbia senza coglierne il significato, può essere controproducente. Tuttavia, è anche vero che ci si sente bene dopo averla sfogata. Perché? Semplicemente perché la rabbia prepara il corpo all'azione e il corpo è carico e pronto a lanciarsi in una qualche tipo di azione. Pertanto lasciarsi andare ad un attacco è il suo sbocco naturale. Si avrà indubbiamente un vantaggio nel breve periodo, ma sul lungo periodo potrebbe non bastare.
- Mito n°2: meglio sopprimere la rabbia. Se è vero che scaricarla senza darle un significato può non aiutare, anche sopprimerla o cercare di “non sentirla” può essere controproducente. Infatti, trattenerla quando invece sarebbe opportuno esprimerla, rischia di trasformarci in una sorta di pentola a pressione che aspetto solo il momento giusto per esplodere...Eric Berne (1964), a tale proposito, parlava di “bollini premio”. Così come nei supermercati si ottiene un premio finale raccogliendo punti dai prodotti, allo stesso modo possiamo raccogliere “bollini rabbia” per poi utilizzarli per ottenere in premio la nostra sfuriata di rabbia. Magari con il primo che capita...
- Mito n°3: sono gli eventi esterni a farci arrabbiare. Nella nostra cultura, siamo abituati sin da piccoli ad un linguaggio deresponsabilizzante. Frasi tipo sono: “tu mi fai arrabbiare!”, “guarda cosa mi hai fatto fare!” ecc. In realtà, siamo noi responsabili dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e dei nostri comportamenti anche se il senso comune, ci porta a credere diversamente.
BIBLIOGRAFIA
Berne, E. (1964), Trading stamps, TAB, 3, 10, p.127
Di Pietro M., (2015), “La terapia razionale emotiva comportamentale. Guida pratica per il professionista”, Trento, Edizioni Erickson.
Ekman, P. (2008).“Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste”, Torino, Amrita. Ellis A., Tafrate R.C. (2000), “Che rabbia! Come controllarla prima che lei controlli te”, Trento,
Edizioni Erickson (tra.it.2015).
Leahy R. L., Tirch D., Napolitano L.A. (2011),“La regolazione delle emozioni in psicoterapia. Guida pratica per il professionista”, Firenze, Eclispi, (trad.it.2013)
Rosenberg M.B. (1998), “Le parole sono finestra (oppure muri)”, Reggio Emilia, Esserci Edizioni (trad.it. 2003)