Il lutto simbolico nel familiare del paziente con patologia degenerativa

Autore: Maria Vallillo

Il lutto simbolico nel familiare del paziente con patologia degenerativa Già nelle ricerche sulla “Family Systems Theory” (Bowen, 1979) l’autore include lo studio del comportamento della famiglia di fronte alla minaccia di malattia e rimarca l’esistenza di un’onda di shock emozionale che si diffonde intergenerazionalmente provocando disturbi psicopatologici nei suoi membri. Altri autori sistemici (Paul, Grosser 1965), hanno molto insistito su come lutti irrisolti nel passato familiare possono avere un grande impatto nelle fasi transizionali del ciclo vitale, specialmente quando si devono affrontare cambiamenti e perdite. In una ricerca bibliografica sul lutto familiare ( Kissane e Bloch ,1994), gli autori insistono sulla scarsità degli studi familiari-sistemici a fronte dell’abbondanza di ricerche empiriche fatte sul lutto individuale. L’esordio della malattia neurodegenerativa è lento e insidioso, spesso sottovalutato e l’evoluzione si compone di perdite continue irreparabili. Nel caso di afasia progressiva si può parlare di perdite ambigue (Boss 2011), in quanto lo stato di lutto è presente anche in assenza di una perdita definitiva, la persona è presente fisicamente ma psicologicamente assente. Si tratta di un lutto congelato, destinato a durare nel tempo se non affrontato. Il lutto è generalmente inteso come la risposta psicologica alla rottura di una relazione di attaccamento significativo attraverso la morte o la perdita (Bowlby, 1973, 1969; Mancini et al., 2009; Neimeyer et al., 2002; Shear, 2010; Stroebe et al., 2020).

Nella malattia degenerativa, il lutto prima della morte. del malato è sperimentato dal 71% dei caregivers (Chan et al., 2013). L’esperienza del lutto può essere vissuta sia durante l’assistenza a domicilio ma anche dopo il ricovero del malato in una struttura adeguata; può essere vissuta sia dagli uomini che dalle donne e sia che il caregiver sia il coniuge o un figlio del malato. I caregivers mostrano una elevata presenza di stress, dolore e depressione prima della morte fisica della persona (Adams e Sanders, 2004; Joling et al., 2012; Meuser e Marwit, 2001; Ott et al., 2010; Pinquart e Sorensen, 2004), ma raramente vengono riconosciuti i sintomi del lutto pre-morte (Marwit e Meuser, 2001; Sanders e Corley, 2003; Silverberg, 2007). La condizione di lutto pre-morte aumenta con l’avanzare della malattia (Adams e Sanders, 2004; Chan et al., 2013; Meuser e Marwit, 2001; Ott et al., 2010;), con il peggioramento della salute del caregiver (Holley e Mast, 2007), e con l’incremento del burden del caregiver (Chan et al., 2013; Holley e Mast, 2009). Il ricovero in istituto della persona malata può portare ad un aumento dello stress da separazione, della tristezza e del senso di colpa (Kiely et al., 2008; Rudd et al., 1999). Il lutto pre-morte e il lutto complicato post-morte sono correlati: il lutto complicato si può osservare per qualsiasi perdita ed è definito come una forma prolungata e severa di lutto che include stress per la separazione, pensieri intrusivi e incapacità di elaborare la perdita (Shear, 2010). Dopo la morte del soggetto affetto da demenza, si osserva approssimativamente nel 20% dei casi un lutto complicato nei caregivers ed il 30% di essi sono a rischio di depressione clinica nel primo anno dalla morte (Schulz et al., 2006). Il maggior predittore di questo lutto complicato è proprio il lutto pre-morte (Holland et al., 2009; Schulz et al., 2006). Gli interventi sul burden e lo stress nei caregiver, riducono il rischio di depressione post-morte e di lutto complicato (Hebert et al., 2006; Schulz et al., 2006). Il lutto anticipatorio nel caregiver del malato ricopre un ruolo unico perché è già presente quando il malato è ancora in vita. Viene definito come “the emotional and physical response to the perceived losses in a valued care recipient”. Anche se in talune occasioni c'è l'opportunità per la risoluzione dei conflitti e la condivisione dei sentimenti tra la persona malata e i suoi familiari (Lindauer e Harvath, 2014), nell’afasia questo processo è impedito dai deficit di comunicazione e consapevolezza del malato presenti già nelle fasi precoci di malattia (Noyes et al., 2010; Santulli e Blandin, 2015). Il lutto nella patologia degenerativa possiede alcune caratteristiche peculiari che lo distinguono da altre tipologie di lutto in quanto il caregiver vive una serie di gravi perdite prima della morte fisica del malato (Chan et al. 2013; Large e Slinger, 2013; Santulli e Blandin, 2015).

​Inizialmente queste perdite sono relative all’insorgenza di deficit di memoria e di comunicazione come anche il ritiro dalle attività sociali. Successivamente le perdite riguardano l’autonomia della persona malata, quindi funzioni come cucinare, guidare e vestirsi (Mace e Rabins, 2006; Mittelman et al., 2003; Santulli, 2011). I caregivers sono quindi esposti ad una serie di continue perdite di diversa entità che si susseguono per tutta la durata della malattia (Mace e Rabins, 2006; Mittelman et al., 2003; Santulli, 2011; Santulli e Blandin, 2015). Il lutto nella demenza è caratterizzato dall’ambiguità nelle perdite (Boss 1999; Boss 2002; Boss 2011), che deriva dal modo in cui le perdite variano attraverso la traiettoria della malattia (fluttuazioni del profilo cognitivo e di personalità), così come i tipi di perdite (perdita della possibilità di chiarimenti con il malato, perdita degli investimenti per il futuro quando la persona è però ancora in vita) (Chan et al., 2013; Noyes et al., 2010; Sanders e Corely, 2003; Santulli e Blandin, 2015). Contribuisce a questa sensazione di ambiguità anche l’incertezza per il futuro: non è possibile predire la durata della malattia e la progressione del peggioramento (Sanders e Corley, 2003; Shuter et al., 2013) e anche la perdita del sé conosciuto (Blandin e Pepin 2016) che viene definita come il progressivo e continuo cambiamento nelle caratteristiche di personalità, memorie e abilità che si osservano nel malato nel corso di malattia, prima della morte. Altri autori (Lindauer and Harvath 2014) osservano che il lutto nel caregiver è primariamente una risposta alla perdita dell’identità della persona malata, inoltre questa perdita è particolarmente dolorosa perché vissuta lentamente nel tempo (Albinsson e Strang, 2003; Lindauer e Harvath, 2014; Sanders et al., 2008; Sanders e Corley, 2003). Il caregiver lotta per stare in relazione con una persona che è presente fisicamente ma non è più quella che conosceva. Molte ricerche hanno dimostrato l’impatto che il lutto nella demenza ha sul caregiver è associato a sintomi depressivi (Sanders e Adams, 2005) e al livello di burden (Holley e Mast, 2009).

Molto spesso i caregivers tendono ad evitare emozioni dolorose associate a questo tipo di lutto (Meichsner et al., 2016; Sanders e Sharp, 2004). Recentemente alcuni autori (Blandin e Pepin, 2016) hanno invece proposto un modello del lutto nella demenza come processo, non solo come sintomo, basato sulle caratteristiche uniche di questo tipo di lutto e che propone meccanismi specifici che facilitano o ostacolano il processo. Secondo gli autori (Blandin e Pepin, 2016), il lutto nella demenza gira intorno a tre stati: separazione, liminalità e rinascita. Ogni stato è caratterizzato da stati mentali specifici e ha un meccanismo dinamico che favorisce il processo del lutto. Fallimenti di tale meccanismo possono influenzare la direzione del processo, aggiungendo stress al caregiver.
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Bibliografia
- Dempsey, L., Dowling, M., Larkin, P., & Murphy, K. (2020). Providing care for a person with late-stage dementia at home: What are carers’ experiences?. Dementia19(2), 352-374.
- Lindauer, A., & Harvath, T. A. (2014). Pre‐death grief in the context of dementia caregiving: A concept analysis. Journal of Advanced Nursing70(10), 2196-2207.
- Lindauer, A., & Harvath, T. A. (2015). The meanings caregivers ascribe to dementia-related changes in care recipients: A meta-ethnography. Research in Gerontological Nursing8(1), 39-48.
- Maier, A. La Demenza come Lutto per il Caregiver.
- Varkanitsa, M., Godecke, E., & Kiran, S. (2023). How Much Attention Do We Pay to Attention Deficits in Poststroke Aphasia?. Stroke54(1), 55-66.


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