L’Integrazione tra Modelli in Psicoterapia
Autore: Maria Vallillo
“Il più grande strumento del terapeuta è la sua stessa persona” (Minuchin S., L’Arte della terapia familiare, 2016, pag. 22).Le ricerche in ambito psicoterapeutico hanno recentemente proposto una chiave di analisi e intervento in forma integrata, con particolare predilezione degli approcci cognitivi e sistemico-relazionali, in quanto, per questi, più che per altri, si dispone di evidenze empiriche che ne dimostrano l’efficacia e la flessibilità di utilizzo, nella ricerca di una metodologia clinica basata su pratiche evidenced based.
L’approccio integrato in psicoterapia passa attraverso un processo di comprensione di sé, di come si dà significato alla realtà. Ognuno di noi tende infatti a confermare degli schemi mentali interiorizzati su sè stessi e gli altri, che attivano dei comportamenti coerenti con questi criteri di valutazione, senza darsi l’opportunità di cogliere il significato autentico di quello che si prova veramente. Durante il ciclo di vita delle persone i processi di sofferenza avvengono proprio quando le risorse individuali sembrano essere meno disponibili ad offrire riletture efficaci e a portare un riequilibrio di crescita nella discrepanza con la realtà esterna.
Un approccio integrato in psicoterapia permette al terapeuta di offrire al paziente, anche con il contributo delle moderne scoperte in neuroscienze, non tanto spiegazioni intellettuali, quanto piuttosto nuove esperienze emozionali correttive (Alexander, 1948; Liotti e Farina, 2011). La clinica (Liotti e Farina, 2011) è il luogo dove l’operare incontra quelle «convergenze» sempre meno «sorprendenti» (Bowlby, 1988, 113) con altri modelli di psicoterapia (Liotti, 2011). Grazie alla teoria dell’attaccamento e al recupero delle altre teorie evolutive ed evoluzionistiche del passato, come quelle di Jackson, Janet, Ey, Sullivan (Meares, 1999; Farina et al., 2005; Liotti e Farina 2011), e grazie anche alla «svolta relazionale» in psicoterapia che «ha considerato l’uomo come soggetto generatore di significato che si costruisce nella relazione» (Lingiardi et al., 2011, XXIV), le differenze di scuola nell’operare in psicoterapia appaiono sempre più sottili e formali. È così più facile comprendere le seguenti parole di John Bowlby: «Io penso che queste etichette sono piuttosto fuorvianti perché in realtà la psicoterapia cognitiva che Liotti rappresenta e la terapia psicoanalitica che io rappresento convergono» (Bowlby, 1990).
I vantaggi e i punti di forza di un approccio integrato in psicoterapia riguardano per l’appunto la conoscenza puntuale e precisa di vari paradigmi, e delle tecniche a loro legate, in maniera tale da poter modellare la terapia sulle specifiche esigenze del paziente e sul passaggio evolutivo che sta attraversando, sulla sua storia, sui suoi sintomi, sulle difficoltà e sulla sua patologia, tutto ciò in una cornice integrata e armonica che si pone in contrasto con la frammentazione dovuta all’acquisizione veloce e a basso costo di tecniche, che poi si usano indifferentemente per qualunque tipo di disturbo, circostanza che costituisce invece una vera minaccia per il futuro della psicoterapia.
Per tali circostanze la metodologia tipica dell’approccio integrato si rivela utile anche con pazienti che in passato hanno provato altre esperienze di terapia e vogliono approfondire altri ambiti, aspetto e problematiche della propria esistenza. Merito degli orientamenti relazionali in psicoterapia, ripresi e valorizzati dall’ approccio integrato, sono sicuramente l’attenzione data al valore delle esperienze reali nello sviluppo normale e patologico, agli eventi di vita e alle relazioni concrete, alle storie di sviluppo ma anche alle interazioni interpersonali attuali, soprattutto quelle in cui le credenze negative formate durante lo sviluppo determinano, circolarmente, situazioni problematiche, sofferenza e sfavorevoli conferme. Tali circolarità sono state denominate «cicli interpersonali disadattativi» (Semerari, 2010).
L’approccio integrato conserva in tal senso il merito di poter approfondire limiti, applicabilità e potenzialità dei vari modelli (ovviamente non solo in maniera teorica ma anche in maniera clinica ed esperienziale in un’ottica di conoscenza profonda); in un’ottica integrata che tiene conto anche delle più moderne teorie cognitive ed evolutive in cui la psicopatologia del ciclo di vita (Maggiolini, 2017) considera il disagio mentale come un modo disfunzionale di affrontare un nuovo compito evolutivo. I momenti di transizione nel corso del ciclo di vita sono sono trasformazioni sia quantitative che qualitative: il succedersi delle fasi evolutive è frutto di una dialettica costante tra genetica e ambiente in cui è necessario considerare l’individuo nel suo contesto (ibidem).
La patologia è in tal senso un blocco nella traiettoria evolutiva di una persona o di una famiglia che porta a un comportamento disadattativo. Le tecniche utilizzate nella psicoterapia ad approccio integrato mirano ad un intervento sulla sfera cognitiva per individuare pensieri ricorrenti o convinzioni avversative al benessere, oppure schemi rigidi di ragionamento che possono causare alla persona forti e persistenti reazioni emotive negative; ciò viene sempre associato ad un lavoro sulle dinamiche intra e inter psichiche, e alle recenti evidenze della neuropsicologia relative allo sviluppo del nostro cervello e della nostra mente.
Assume in tale contesto un nuovo significato ricostruire la trama evolutiva del paziente, della coppia e/o della famiglia anche a livello intergenerazionale: recuperare informazioni preziose dalla forte valenza emotiva; facendo sentire i pazienti soggetti attivi, dinamici e, impegnati in un processo di metamorfosi relazionale, risulta fondamentale anche quando i contenuti emersi in seduta sono particolarmente dolorosi e difficile da narrare.
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