Lo Stress e il rischio di Burden del Caregiver
Autore: Maria Vallillo
Le attuali direttive OMS sottolineano come esista l’esigenza di offrire supporto al caregiver a fronte dell’energia spesa quotidianamente per il suo compito di assistenza informale: la comunità scientifica internazionale considera ormai il caregiver un "paziente nascosto" soggetto a forme di depressione e DPTS da correlare allo stress provocato dalla convivenza continua con la malattia del carerecipient.E’ accertato che l’attività di cura sia in grado di abbassare le difese immunitarie del familiare convivente, attraverso la modificazioni del ritmo sonno-veglia e delle abitudini alimentari, e mediante il profondo disagio psicologico sperimentato e spiegato dall’esigenza di adattarsi allo stato di infermità del genitore o del coniuge, del figlio o del familiare in genere.
I caregiver riferiscono spesso sentimenti di svilimento, angoscia, deprivazione energetica dovuta al carico assistenziale, solitudine, assenza di relazioni sociali al di fuori del contesto della malattia. Prevenire, sanare e curare situazioni di «burden» psico-fisico che hanno indiscutibilmente un effetto negativo sulla vita anche del paziente, così come valutare la resilienza e i punti di forza utili a contrastare la patologia dovrebbe essere la norma anche nei servizi assistenziali e sanitari pubblici ma spesso non è cosi.
Nel caregiver l’aumento di cortisolo porta ad un controllo inefficiente delle risposte fisiologiche, oltre che, a livello cognitivo, un decremento di memoria e bassi livelli di attenzione e velocità percettiva. L’effetto di tale carico di emozioni e preoccupazioni “invisibile” agli occhi degli altri nuoce al benessere e alla salute mentale del caregiver, per il lavoro costante e cronico di cura informale che egli è chiamato a svolgere. Per sostenere una persona portatrice di disabilità o affetta da patologia cronica o degenerativa è necessario sostenere chi se né prende cura quotidianamente in quanto solo un’alleanza terapeutica efficace dell’equipe che ha in carico il paziente anche con i suoi familiari, è in grado di perseguire un obiettivo che includa una vita dignitosa e decorosa per caregiver e carerecipient.
L’inevitabile progressione di alcune patologie dal punto di vista cognitivo, comportamentale e sanitario, costituisce una sfida continua per il caregiver, che subisce quindi un carico fisico, psicologico oltre che economico (Guglielmi, 2020). La percezione di un carico di cura eccessivo rivolto al cererecipient viene definito burden ed è costituito dall’insieme dei problemi fisici, psicologici o emozionali, sociali e finanziari che devono affrontare i caregivers. Il burden provoca un forte stress e la sensazione di non riuscire a far fronte alle richieste di cura (Zarit, 1986).
È possibile distinguere tra aspetti oggettivi del carico che sono legati all’impegno fisico, assistenziale e alla gestione dei disturbi comportamentali del carerecipient, e aspetti soggettivi-emotivi, riguardanti isolamento e ritiro sociale del caregiver. La letteratura ha evidenziato come questi ultimi aspetti siano strettamente correlati con il benessere fisico e psicologico del caregiver (Zarit, 1986). Il burden ha spesso serie conseguenze negative, in particolare sulla salute emotiva e psicologica (Gonzalez-Salvador et al., 1999).
È documentato un aumento degli stati di patologia (Pinquart e Sorensen, 2006), della mortalità (Schulz e Beach, 1999), dei livelli di ansia e depressione (Cuijpers, 2005). I sintomi relativi all’ansia, alla depressione e al burden del caregiver sono molto comuni e associati ad una bassa qualità di vita (Cuijpers, 2005; Cooper et al., 2007; Abdollahpour et al., 2015). Non è sorprendente infatti che i caregiver di malati di patologie degenerative siano considerati ad alto rischio di morte per suicidio, e tale rischio non sembra diminuire con la morte o l’istituzionalizzazione del carerecipient (O’Dwyer et al., 2016; Joling et al., 2018).
Il ruolo del caregiver muta nel corso dell’intero periodo di assistenza, dall’esordio fino all’istituzionalizzazione e al decesso del paziente. Il prendersi cura di un parente con patologia cronica o degenerativa è riconosciuta come una situazione stressante cronica; infatti, i caregiver devono affrontare notevoli richieste e tensioni emotive durante un lungo periodo di tempo (Vitaliano et al., 2003). Questa situazione stressante e cronica rende i caregiver vulnerabili allo sviluppo di patologie mentali e depressione. Studi trasversali e longitudinali hanno dimostrato che il carico prolungato e lo stress del caregiver possono aumentare il rischio di sviluppare una sintomatologia depressiva (O’Rourke e Tuokko, 2004; Epstein-Lubow et al., 2008).
Sono stati proposti diversi modelli (Pearlin, et al., 1990; Vitaliano et al., 2003) in cui si ipotizza che le risorse personali dei caregiver, come strategie di coping e fattori comportamentali, mediano l'influenza degli stressors sulla salute fisica e mentale. L'autoefficacia è correlata negativamente alla depressione, e l'associazione a lungo termine tra il carico del caregiver, il suo senso di autoefficacia e i sintomi depressivi sono stati recentemente analizzati e dimostrati (Grano, Lucidi, Violani 2018).
Nei caregiver gli effetti negativi dell’attività di cura sulla salute possono interferire con la loro capacità di continuare nel loro ruolo di aiuto per tale motivo è necessario un cambio di sguardo su una questione che incide sull’equilibrio psico-fisico di tante persone. ______________________
Bibliografia
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►Manalel, J. A., Sumrall, S., Davidson, H., Grewal, M., Granovetter, M. A., & Koehly, L. M. (2022). Stress, coping, and positive aspects of caregiving among caregivers of children with rare disease. Psychology & Health, 1-17.
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►Rainero, I., Bruni, A. C., Marra, C., Cagnin, A., Bonanni, L., Cupidi, C., ... & SINdem COVID-19 Study Group. (2021). The impact of COVID-19 quarantine on patients with dementia and family caregivers: a nation-wide survey. Frontiers in aging neuroscience, 12, 625781.
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