Tutti dobbiamo riscattarci
Autore: Maurizio Bottino
La parola riscatto, dal suo stesso etimo (1), assume più significati che stimolano osservazioni diverse, ma convergenti:1. Riscatto come riacquisto (2).
2. Riscatto come liberazione (3).
3. Riscatto come eliminazione degli obblighi derivanti da un contratto o da un obbligo (4).
Pensiamo, per un momento, alla dignità. Una definizione, fra altre, recita così: Con il termine dignità, ci si riferisce al valore intrinseco dell'esistenza umana che ogni uomo, in quanto persona, è consapevole di rappresentare nei propri principi morali, nella necessità di liberamente mantenerli per sé stesso e per gli altri e di tutelarli nei confronti di chi non li rispetta.
Non ritengo che siano molte le persone consapevoli della loro dignità e del loro valore intrinseco laddove non si voglia intendere quello narcisista derivante dalla posizione sociale, dalla bellezza, dalla situazione economica, dall’intelligenza, dal potere, etc.
Ritengo che la dignità che l’uomo moderno deve riacquistare (punto 1) è l’assunzione della dimensione di “creatura” e non di Creatore che, sin dal peccato originale, abbiamo tentato di eludere. Creatura intesa come colei che, per essere, ha bisogno di uno o più "generatori" di vita, conoscenza, consapevolezza.
Questa consapevolezza del nostro essere creatura necessita di una kenosis, di un cammino, in discesa, che muti la falsa percezione di noi stessi e ci restituisca l’umiltà della nostra condizione limitata e di “cattivi” (captivus > prigionieri) insieme alla bellezza della nostra meravigliosa umanità.
Molti già ben conoscono questo cammino ed il dolore connesso: il dolore che nasce dalla profonda conoscenza di sé, quando vedi e tenti di trasformare i tuoi demoni interiori, le falsità di cui non eri consapevole o che non hai voluto vedere, i falsi valori che hanno causato dolore a molti oltre che a te stesso, delle tue qualità negate, delle posizioni rigide agite per paura, della pretesa di risposte ai tuoi bisogni, dei doveri verso la Vita negati…
Compiuto, anche se mai completamente, questo primo percorso, accediamo alla liberazione (punto 2): siamo “riscattati”… e che ci facciamo?
Ci guardiamo intorno e proviamo a vivere con questi nuovi occhi da “liberi”. Ed è terribile perché, mentre nella kenosis giocavamo con noi stessi, ora giochiamo con la Vita, con gli altri e il non avere più tiranni, o persecutori, ci crea il problema su chi o cosa indirizzare la nostra rabbia e le nostre frustrazioni. Si tratta di vedere profondamente l’altro e la sua dimensione umana che, spesso, collide con la nostra. Si tratta di riconoscersi, insieme all’altro, orfano. Orfano per tutte le deprivazioni subite, ma soprattutto per il male che ti sei fatto in innumerevoli tentativi di fuggire il dolore della trasformazione in un continuo attribuire all’altro le colpe e le responsabilità della tua situazione. Questo mutuo riconoscimento della propria ed altrui orfanità dovrebbe generare un atteggiamento accogliente, disponibile, accettante dei fatti della realtà.
Superato, si fa per dire, anche questo momento, il terzo punto irrompe prepotentemente, ma… al contrario! Se riusciamo (ed è difficile) a sentirci liberi di non avere obblighi e pendenze attive verso gli altri, siamo obbligati a non essere, noi stessi, tiranni di altri. Banalmente anche solo attraverso il giudizio impietoso, anche se vestito di presunta consapevoleza, dell’atteggiamento spocchioso o, peggio, di una falsa condivisione della vita di un altro di cui non ci interessa nulla.
Se all’inizio pare solo albeggiare, in breve tempo va allo zenith il pensiero ricorrente che, in fondo, gli altri (amici, genitori, la vita, Dio,…) ci debbano qualcosa, abbiano obblighi verso di noi.La vituperata pretesa che esce dalla porta e rientra dalla finestra con modalità sempre più subdole non ci abbandona mai perché appartiene alla genesi dell’uomo: a quell’Adamo ed Eva che hanno avuto la pretesa di poter mangiare quella mela che altro non era se non il dire al Creatore: “Anche noi siamo dei!”.
Una disubbidienza che, fortunatamente, ci ha dato la libertà e, con essa, il potere di agire il bene ed il male e, in questo senso rendere anche noi creatori in una dimensione ricorsiva: arrivati al terzo punto, al riscatto ultimo, ci rendiamo conto che per progredire dobbiamo riprendere in mano, seppure con nuove consapevolezze acquisite, il primo punto in quel viaggio a spirale che, esso solo, ha il potere di renderci veri.
E' un continuo pellegrinaggio che ci dona la vera dignità: la gratitudine verso la Vita di poter vivere come creature imperfette.
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1. Etimologicamente: reexcaptāre, comp. di re-, con valore iterativo, ex- ‘da’ e captāre ‘prendere, afferrare’.
2. mediante consegna di denaro o di beni, quanto è caduto in potere o in mano di altri: riscattare i prigionieri; riscattare i beni perduti,…
3. liberare; redimere [+ da]: riscattare un popolo dalla tirannide; riscattare l’umanità dal peccato, compensare…
4. riscattare un’assicurazione, un pegno; riscattare un appartamento, comprare l’appartamento che in precedenza si aveva in locazione, versare all’ente previdenziale i contributi corrispondenti a un periodo di tempo in cui non sono stati versati, in modo che possano essere conteggiati a tutti gli effetti ai fini della pensione: riscattare gli anni dell’università; riscattare il servizio militare,…