Uomini e femminilità
Autore: Miriana Novello
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a grandi trasformazioni nella società: il progresso tecno-scientifico ha portato a traguardi importanti (telecomunicazioni, intelligenza artificiale, accesso ad internet) che hanno completamente ribaltato le dinamiche relazionali e il modo di vivere nel mondo, modificando i termini con cui si esprime la nostra società. Tutto ciò ha contribuito, o meglio, si è inserito all’interno di un discorso socio-antropologico più ampio: la gestione della diseguaglianza, ampliando notevolmente il discorso intorno al genere e alle aspettative legate ai ruoli femminili e maschili.In questo discorso molto vasto, dobbiamo considerare due ‘attori in gioco’: il contributo delle lotte dei movimenti femministi nati nell’Ottocento per l’emancipazione delle donne, che fino ai giorni nostri hanno combattuto (e continuano!) per rivendicare un posto nella società, indagando le origini della condizione della donna come ‘sesso debole’ e passivo. A tal proposito la giornalista Germanie Greer sostiene che la donna sia il prodotto di un "condizionamento sociale specifico": considerata come oggetto del desiderio sessuale di altri esseri, gli uomini, si nega la sua sessualità, dandone una rappresentazione distorta e identificandola con la passività; potremmo definire lo stereotipo ancora attuale secondo cui l’aggressività è per natura maschile e la passività femminile non è, quindi, nient’altro che una giustificazione patriarcale alle disuguaglianze sociali.
Se da un lato, tali movimenti hanno contribuito allo sviluppo di un sistema legislativo che tutelasse sempre di più le donne e il loro spazio nella società, dall’altro bisogna riconoscere l’esponenziale crescita capitalistica: a tal proposito Massey (1994) sostiene che nella modernità occidentale, il patriarcato può essere collegato al capitalismo, poiché istituzionalizza il lavoro produttivo come prerogativa maschile, estendendo il proprio potere all'interno dello spazio privato, in particolare nella casa, e creando una classe di donne lavoratrici non remunerate; per questa ragione, le femministe sostengono che il capitalismo si traduce in una forma di patriarcato che non si limita al controllo del lavoro femminile, ma anche a quello del corpo, un controllo esercitato attraverso le relazioni sessuali e le gravidanze; infatti, nonostante una delle prime leggi in Italia a regolamentare il lavoro femminile in Italia sia stata la Legge Crispi nel 1886, ci vorranno oltre 70 anni per implementare una legge che mirasse ad eliminare le discriminazioni di legge (è il caso della "Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro", L. n. 903/1977), mentre il Testo unico sulla Maternità e Paternità arriverà solo nel 2001.
Queste informazioni rendono evidente che, nonostante la lotta per l’uguaglianza ci abbia portato ad una condizione di parità formale, questo non sempre si traduce in parità sostanziale nella vita quotidiana: una società non si forma solo a partire da leggi, ma anche da una rete di fattori invisibili e profondamente radicati nella nostra collettività, che prende forma in un’insieme di valori e simboli condivisi, e che riconosciamo con il termine di cultura.
Infatti, nonostante le normative governative siano state adattate per promuovere inclusività ed equità tra i generi, come evidenzia la sociologa Chiara Saraceno: "Persistono stereotipi di genere rigidi, una divisione del lavoro familiare asimmetrica, una cultura aziendale maschilista, scarse politiche di conciliazione"* , sono ancora presenti tanti tabù e pregiudizi, al punto che, ancora oggi, per esempio gli uomini possono trovarsi sotto pressione per non mostrare vulnerabilità o per evitare professioni considerate "femminili", mentre le donne possono essere scoraggiate dal perseguire carriere in campi dominati dagli uomini o nelle cariche manageriali (proprio in relazione a quest’ultimo aspetto è stata coniugata un’espressione dal Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti d’America che definisce il “soffitto di cristallo” (glass ceiling) come “le barriere invisibili, ma impenetrabili, che si frappongono tra i ruoli dirigenziali e le donne, impedendo a queste ultime di raggiungere i vertici nell’ambito aziendale, indipendentemente dai risultati ottenuti e dai loro meriti”).
Ma se la legge, i movimenti sociali e i potentissimi mezzi di comunicazione odierni, non bastano a rivendicare una reale parità tra i generi, come possiamo intervenire?
La persistenza di stereotipi culturali e barriere istituzionali richiede un impegno continuo per trasformare non solo le leggi, ma anche le mentalità e le strutture sociali; tale missione diventa realizzabile solo abbattendo la rigidità dei confini che portano a pensare che mascolinità e femminilità siano come rette parallele che non si intersecano mai. É luogo comune pensare a questi come categorie fisse e separate, ma gli studi sul genere e sulle identità sottolineano che queste possono esistere su uno spettro, piuttosto che in un binario rigido.
Facciamo un po’ di chiarezza: a cosa ci riferiamo quando parliamo di femminilità e mascolinità?
Il bisogno di distinguere e definire la realtà in base al “genere”, assegnando un'identità maschile o femminile agli elementi del mondo, animato e non, risponde a un'esigenza profonda e antica dell’umanità, come mostra la presenza, sin dai tempi antichi, della categorizzazione dei generi grammaticali (femminile, maschile e neutro) nelle lingue.
Prima di dare qualche definizione, è importante evidenziare una sovrapposizione comune con importanti implicazioni: spesso si tende a far coincidere il maschile con la mascolinità e il femminile con la femminilità; è importante prendere consapevolezza della differenze, poiché una tale confusione potrebbe implicitamente portare a considerare che mascolinità e femminilità siano da ricondurre interamente alle caratteristiche naturali del maschile per uno (mascolinità come forza e virilità) e del femminile per l’altro (emotività e passitività), rischiando di confermare falsi stereotipi e rapporti di potere ingiusti.
Femminile e maschile sono espressioni alle quali riconduciamo più configurazioni: da quelle sopra citate nella grammatica a quelle biologiche per riferirsi alle differenze nei caratteri sessuali; ma quando trattiamo il tema della mascolinità e della femminilità è importante comprendere che entriamo in un nuovo dominio, quello dei costrutti sociali sul genere e sul ruolo di genere, inteso come quell’insieme di comportamenti, aspettative e norme che una società considera appropriati in base al sesso biologico.
In tutte le accezioni possiamo rintracciare un elemento comune: la separazione, che dalla classificazione dei caratteri sessuali, diventa un metodo di classificazione della realtà, fino a un configurazione più intima e profonda nelle identità personali e nel modo di relazionarsi a se stessi e al mondo; non è difficile comprendere come una definizione rigida di tali caratteri possa influenzare negativamente lo sviluppo e il benessere di un individuo; considerando che tali costrutti sono fortemente influenzati dalla cultura di riferimento, e sono trasmessi attraverso processi di socializzazione che iniziano sin dalla nascita, è necessario prendere consapevolezza del potere che istituzioni come famiglia, educazione, media, religione e politica (istituzione in cui tutti partecipiamo) hanno nell’influenzare e nel definire l’insieme di prescrizioni su come gli individui, in base al proprio genere, dovrebbero comportarsi, vestirsi, parlare e persino quali occupazioni dovrebbero perseguire.
Se i valori condivisi dalla cultura di riferimento, rientrano in una visione binaria del genere, in modo che il sesso biologico alla nascita vada a definire lo sviluppo della personalità, degli interessi e dei comportamenti, con una forte identificazione alle categoria di appartenenza, non rimane spazio per una libera espressione della propria identità, soprattutto se questa non rientra in ciò che è definito "normale"; al contrario, crea un ambiente dove le persone possono sentirsi costrette a conformarsi a ruoli prestabiliti, a delle categorie distinte e ad adottare comportamenti discriminatori che creano ancora più divario tra gli individui della società; in questo modo, la separazione non rimane solo un modo per descrivere le meravigliose forme diverse in cui la natura si è evoluta.
Sarebbe utopistico pensare di poter completamente sradicare una cultura dalla società per innestarne una nuova, a conferma di tutto ciò vi è il fatto che l’abbattimento di barriere e confini territoriali e l’accesso libero alla conoscenza non bastano ad eliminare le reali barriere nella nostra società. Il divario tra il mondo femminile e maschile può essere ridotto con atteggiamenti pro-attivi e non solo evitando condotte stereotipate e pregiudicanti. Bisogna prendere consapevolezza del ruolo che ciascuno di noi ha nella società, capire che ognuno può diventare e a un certo della vita diventa, un modello di ispirazione, di crescita ed educazione per altri, per aiutare le nuove generazioni ad uscire da quell’universo di tabù e stereotipi con cui le generazioni passate sono dovute crescere; insegniamo ai giovani che femminilità e mascolinità non sono categorie di appartenenza che pre-determinano la nostra identità, ma termini con cui descriviamo comportamenti e atteggiamenti a cui si può essere più o meno inclini: un uomo con tratti femminili può essere virile al pari di uno pienamente identificato nella mascolinità, così come una donna dal carattere più forte può esaltare la sensibilità femminile fino alle vette più alte.
È importante conoscere come i modelli culturali agiscono ed intervenire su di essi: come abbiamo già detto, tutti questi valori, sono trasmessi dai processi di socializzazione culturale a tutti gli individui a prescindere dalla fase evolutiva in cui si trovano. Ad esempio, l’associazione del colore blu/rosa al sesso biologico del nascituro, che viene concretizzata ancora prima della nascita, per non parlare delle differenze nell’intrattenimento (giochi e cartoni distinti per bambini e bambine) e nella cura personale (già a partire dall’adolescenza si può notare la differenza tra i prodotti di cura della pelle, dei capelli, e anche di trucco tra uomini e donne). Questi modelli intervengono in fasi in cui non ci aspetta una vera differenza fisica, ma di crescere i futuri individui incontrando le aspettative della società. Promuovere un clima di libertà d’espressione e di crescita, in queste fasi, potrebbe aiutare ad abbattere le famose barriere di cui parliamo e a sostenere quelle fasi evolutive in cui, invece, la diversità tra i caratteri sessuali diventa evidente. Pensiamo ad esempio al menarca, ovvero la prima mestruazione, una tappa fondamentale nello sviluppo di una ragazza che segna il passaggio dall'infanzia all’adolescenza e una forte separazione tra il mondo femminile e quello maschile.
L’arrivo delle mestruazioni è molto più che una tappa di sviluppo sessuale e riproduttivo. È è un evento a forte valenza psicologica, che contribuisce allo sviluppo della propria identità e influenza le relazioni che una giovane donna intrattiene con se stessa e con gli altri. Da ciò emerge che questa fase potrebbe essere vissuta tanto come un momento di crescita e sviluppo, e di conseguenza un fattore di accrescimento dell'autostima, quanto come un momento di vergogna, di conseguenza andando a diminuirla. Il ruolo dei genitori, degli educatori e dei professioni della salute, così come il ruolo dei media e dell’attenzione mediatica sul tema sono fondamentali per fornire il supporto necessario ad uno sviluppo equilibrato e adattivo, soprattutto in un contesto culturale ancora fortemente investito da tabù e stigma. Per tante generazioni era impensabile parlare apertamente di mestruazioni, di un qualcosa che non solo interessa esclusivamente il genere femminile, ma che lo rende anche vulnerabile alla fisiologia ormonale, e pertanto più sensibile e bisognoso (caratteristiche completamente opposte a quelle associate al mondo maschile): ad esempio sono presenti tabù ricorrenti che le ragazze apprendono già in età precoce, con la conseguente messa in atto di comportamenti mirati a nasconderle agli occhi degli altri, quali ad esempio l'evitare di parlarne in pubblico o indossare vestiti di colore scuro per minimizzare il rischio di comparsa di macchie di sangue mestruale.
La conseguenza è che un processo naturale e fisiologico diventa un fardello da portare in segretezza, che spinge ancora di più verso il bisogno di appartenere ad una rete solidale, di supporto e di aiuto reciproco, un gruppo esclusivo che crea solo più distanza tra i giovani della nostra società; già nelle scuole superiori iniziano i primi stereotipi, queste identificazioni forti tra il sesso biologico e il genere, e l’insieme di comportamenti attesi da chi è nel mondo femminile e chi è nel mondo maschile.
Credere che lo sviluppo sessuale femminile non sia una tematica che coinvolga anche gli uomini è uno schema di pensiero rigido e non inclusivo, che potrebbe risultare adeguato solo in una società di soli uomini o di sole donne, eppure è questa la normativa vigente: al momento del menarca o del periodo pre-adolescenziale, una donna con ruolo guida (una madre, una zia, un insegnante etc.) prepara la giovane ai cambiamenti fisici e psicologici, ma soprattutto sociali che conseguiranno al momento del menarca; è evidente una netta separazione tra il livello di consapevolezza e di conoscenza che si impone tra le giovani donne e i giovani uomini. Appiattire queste differenze è un obiettivo importante, sono stati già mossi dei passi per cercare di raggiungerlo, ad esempio l’implementazione dell’educazione sessuale nelle scuole, o l’esposizione mediatica data alle mestruazioni nel mondo pubblicitario. Ma tutto questo non basta: è importante che vi siano modelli e ruoli guida che i giovani possano guardare, imitare, interrogare.
Prendere consapevolezza dell’influenza che possiamo esercitare e agire attivamente guidando le nuove generazioni rappresenta un modo concreto per poter smembrare gli stereotipi culturali e a diminuire il divario tra il mondo femminile e maschile. Solo così facendo possiamo instaurare un clima di libertà ed accettazione nel quale diventa possibile entrare in contatto con le parti più profonde del proprio Io.
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Sitografia
https://disf.org/educational/ghidelli-femminilita-mascolinita