30 domande sul Papilloma Virus
Autore: Valeria Lussiana
30 domande sul Papilloma Virus che avreste sempre voluto fare (e alle quali forse non avevate trovato risposta)Perché una Psicoterapeuta decide di scrivere un articolo sul Papilloma virus?
Perché sempre più di frequente mi capita, tra le mie pazienti, di riscontrare stati di forte ansia e paure, accompagnati da molti dubbi, legati sia al Papilloma virus che ai test effettuati per diagnosticarlo.
Va specificato che la mia fascia principe di pazienti va dai 25 ai 35 anni, pertanto è più facile che si presenti il problema del Papilloma virus nel loro percorso di vita (vedremo perché alla domanda 4).
Ascoltando le mie pazienti avevo, tuttavia, la sensazione che molte delle loro paure fossero ingigantite e probabilmente ingiustificate e mi è sembrato che una buona informazione potesse già ridurre di molto il loro stato emotivo.
Approfondendo l'argomento mi sono ritrovata però, come molte, a ricevere da internet tante informazioni discordanti, a riceverne poche dal Servizio di Prevenzione Serena della Regione Piemonte e a faticare nel trovare un numero verde o un front office che rispondesse alle mie domande. A questo punto mi era chiaro lo stato di confusione e allarme delle mie pazienti (e, spesso, dei loro compagni).
Ho deciso perciò di rivolgermi a dei professionisti, cercando un Ginecologo preparato sul tema e disponibile ad addentrarvisi insieme a me, rispondendo in modo esaustivo alle mie domande (che poi sono le domande che più spesso mi sento rivolgere in seduta), per cercare di fare un po' di chiarezza.
Questo articolo è frutto, quindi, della preziosa collaborazione della Dott.ssa Chiara Perono Biacchiardi, classe 1973, Ginecologa specializzata in senologia chirurgica e patologia pre-neoplastica del basso tratto genitale.
Dirigente medico dell'Unità Operativa di Ginecologia Mini Invasiva dell'Ospedale Evangelico Valdese di Torino fino al 2012, ha poi frequentato il Servizio di colposcopia dell'Ospedale di Asti ed, attualmente, è dipendente dell'Ospedale Martini presso la Struttura complessa di Ginecologia e Ostetricia. Come libera professionista, opera presso lo studio Gin&Co di Torino. E' inoltre accreditata presso la Società italiana di colposcopia e partecipa regolarmente ai Congressi di formazione sull'HPV, ai Congressi nazionali di colposcopia e a quelli annuali sullo Screening del cervicocarcinoma a Torino.
Quello che segue è un corpus di informazioni con un buon grado di dettaglio che, speriamo, possa rispondere ad alcune delle domande (e delle ansie) più comuni.
Per semplificare la consultazione ho pensato di ideare una piccola mappa:
se sei giovane e non hai mai sentito parlare dell'Hpv, leggi dalla 1 alla 13 e troverai tutte le informazioni di base
se hai già effettuato un pap test, leggi dalla 14 alla 21 e avrai informazioni sull'iter di screening
se sei in coppia, leggi dalla 22 alla 25 e riceverai informazioni sul virus nella vita a due
se sei un genitore o se sei interessato a vaccinarti, leggi la 26 e saprai di più sui vaccini
se vuoi saperne di più sulla situazione ad oggi e sulle problematiche psicologiche legate all'Hpv, leggi dalla 27 a fondo pagina.
Senza ulteriori indugi, ecco quindi le 30 domande sul Papilloma Virus che avreste sempre voluto fare (e alle quali forse non avevate trovato risposta)!
1 Che cos'è il Papilloma Virus?
Il virus HPV (Human papilloma virus) fa parte della famiglia dei Papovavirus, che sono dei virus a DNA. Ne esistono 180 tipi diversi e hanno a che fare con la patologia dell'apparato genitale femminile.
Si dividono in 2 grossi gruppi, quelli ad alto e a basso rischio oncogeno. L'HPV è infatti il fattore determinante nell'insorgenza del tumore al collo dell'utero.
Il papilloma virus causa con maggior frequenza il tumore della cervice, ma ne causa anche altri nell'apparato genitale, ano-genitale e della bocca.
2 Come lo contraggo?
La via principale di diffusione e trasmissione è sessuale. Non sono chiari altri modi, ma sappiamo che nelle pazienti vergini la presenza del virus è praticamente nulla, dato questo che conferma la trasmissione per via sessuale.
Ci può essere anche una diffusione del virus per “contatto” nel caso si entri in contatto diretto con chi ha una “lesione contagiosa” in atto, come i condilomi (vedi domanda 8).
Quindi, ad esempio, un contagio nei bagni pubblici può essere accidentale, ma è bene chiarire che queste lesioni contagiose, che possono derivare da contatti diretti, rientrano nelle forme di HPV a basso rischio. Sono pertanto sicuramente da togliere e da curare, ma non porteranno mai al tumore del collo dell'utero.
L'unica via di trasmissione ad oggi conosciuta che può portare al tumore è quella sessuale, perché questa è la via di trasmissione dei ceppi ad alto rischio (vedi domanda 3).
3 Quali sono i ceppi considerati pericolosi?
I ceppi 16 e 18 sono responsabili del 70% dei tumori della cervice. I ceppi 31 33 35 45 51 52 56 58 59 68 73 determinano un rischio superiore al 45% di sviluppare un tumore.
4 Che diffusione ha?
Il picco di riscontro di presenza del virus è in età giovanile quando il collo dell'utero, nella crescita, subisce una trasformazione. Per semplificare, possiamo dire che crescendo si crea un punto debole tra la parte interna ed esterna del tessuto della cervice, detta linea di trasformazione.
Questa zona debole, che rende favorevole la trasmissione dei virus, si evidenzia nella maggior parte dei casi sotto i 20 anni. Pertanto, se dovessimo testare tutte le donne sotto i 20 che sono attive sessualmente, esse presenterebbero il virus in più del 90% dei casi. Ma attenzione, questo non significa che c'è malattia perché nel giro di 2 anni il virus scompare spontaneamente nell'80% dei casi!
Il pap test (vedi domanda 14) non va fatto sotto questi anni, a meno che non ci siano dei sintomi (ad es. sanguinamenti dopo i rapporti), proprio perché il virus verrà trovato di sicuro e non significa nulla: per questo la prevenzione parte dal 25° anno. A partire dai 25 anni in giù, inoltre, trovare un tumore della cervice è talmente raro che non vale la pena fare prevenzione perché si rischia solo di fare sovradiagnosi.
Quindi, esclusa la popolazione under 25, la fascia che diventa più alta per riscontri positivi è quella dai 25 ai 30 anni, ma lo screening si fa fino ai 65 anni perché in questa fascia possono ancora esserci infezioni persistenti.
5 Cosa sono le lesioni?
Si parla di lesioni quando il virus non è più solo infettivo e situato nella parte superficiale della cervice, ma si sta integrando nelle cellule e sta producendo delle alterazioni sostanziali in esse ed al loro DNA.
Semplificando, possiamo pensare al decorso del virus in 4 stadi, come mostrato dalla Figura 1:
quando si ha un'infezione da HPV, il virus si trova nella parte superficiale della membrana e non modifica le cellule dando quindi esito negativo per le lesioni (prima colonna dello schema);
se c'è una lesione, significa che il virus ha iniziato ad integrarsi all'interno della cellula e può causarne l'alterazione. Nelle lesioni di basso grado (LSIL), si comincia ad alterare una modica quantità di cellule (seconda colonna);
quando le cellule modificate diventano tante si parla di lesione di alto grado (HSIL) (terza colonna);
quando le cellule modificate cominciano a scendere anche oltre la membrana basale (la linea porpora dello schema) raggiungendo vasi sanguigni e linfatici, allora parliamo di tumore (quarta colonna).
Figura 1 (Fonte: Voglino G., “Storia dell ‘HPV”, Torino, 2008)
Quindi, la differenza tra una fase “pre-neoplastica” (che non supera la membrana basale) ed una tumorale è molto alta e i tempi e le probabilità di progressione/regressione sono molto diversi.
6 Come vengono classificate le lesioni?
Vi era una classificazione delle lesioni (Cin) che attualmente non si usa più, l'ultima formulata prevede solo la divisione tra alto e basso rischio, come abbiamo visto, anche per le biopsie.
Nelle LSIL si raggruppano le lesioni di basso grado (ex Cin 1), nelle HSIL troviamo le lesioni di alto grado (ex Cin 2 e 3). La sigla SIL sta per “Lesione intraepiteliale” con l'aggiunta di H per alta o L per bassa (high or low in inglese). Queste sono le sigle che attualmente si trovano nel referto di Prevenzione Serena.
E' stato tolto l'aggettivo “neoplastica”, che nei pazienti genera ansia ingiustificata richiamando i tumori, proprio perché, come abbiamo visto, finché siamo al di qua della barriera c'è possibilità di regressione (anche se nelle HSIL diventa più bassa).
7 In che percentuale le lesioni possono evolversi in tumore?
Le lesioni LSIL (ex Cin 1) hanno una possibilità di regressione spontanea, nei primi 2 anni, che va dal 40 all'80%; al terzo anno scende al 20%.
Le lesioni HSIL (ex Cin 3) hanno il 30% di possibilità di regredire spontaneamente, e il 12-36% di probabilità di progredire invece verso forme tumorali.
Non si interviene quando viene trovata una LSIL proprio perché c'è una possibilità di regressione alta (il corpo riesce a debellarla da solo).
Nelle HSIL, invece, essendoci soltanto il 30% di probabilità di regressione bisogna intervenire con trattamenti conservativi che, a loro volta, permettono poi di guarire nel 90% dei casi, perciò è chiaro che conviene fare l'intervento (90 contro 30). Nel caso delle lesioni basse invece, la percentuale di successo, sia spontaneamente che a mezzo di intervento, è sovrapponibile, pertanto non si ritiene opportuno sottoporre il corpo ad una procedura evitabile.
8 Cosa sono i condilomi?
I condilomi rientrano nelle manifestazioni dell'HPV, ma derivano da infezione di papillomi a basso rischio. Si trattano ugualmente perché fanno parte delle Malattie sessualmente trasmissibili (Mst) e sono lesioni cutaneo-mucose dell'apparato genitale che contengono il virus 6 e 11 (non sono ceppi cancerogeni, ma sono molto contagiosi). Sono visibili esternamente come verruche, tuttavia è necessario valutare anche la parte interna. Sono comuni sia in uomini che donne allo stesso modo e si possono trasmettere anche col petting.
9 L'HPV colpisce anche gli uomini?
Si, anche gli uomini contraggono il virus e soprattutto contribuiscono a diffonderlo. Infatti, mentre i dati di prevalenza dell’infezione da Hpv nelle donne mostrano due picchi intorno ai 25 e ai 45 anni con una diminuzione nel periodo intermedio, nella popolazione maschile la prevalenza dell’infezione resta elevata per tutta la vita. Quindi i maschi costituiscono un importante serbatoio di virus. Tuttavia, su di loro si manifesta con effetti meno evidenti: in percentuale è più raro che gli uomini abbiano lesioni però non ne sono esenti.
Il problema è che, diversamente dalle donne, al momento non ci sono delle linee guida precise per diagnosticare gli uomini, neanche con i test.
Ciò significa che quando si incontra un nuovo partner, fare entrambi il test per proteggersi dalle Mst non è protettivo verso l'HPV perché esso è riscontrabile con test validati solo nelle donne. Anche per questi motivi l'uso del preservativo con nuovi partner risulta sempre il consiglio migliore.
Tuttavia, in genere, si consiglia sempre di fare almeno una visita ispettiva di tipo urologico o dermatologico presso i centri per le Mst che sono quelli maggiormente in grado di valutare gli uomini.
E' importante, inoltre, segnalare che gli uomini omosessuali sono più suscettibili rispetto alla popolazione generale maschile a sviluppare il cancro anale correlato all’Hpv. Essi, pertanto, traggono un beneficio individuale maggiore dalla vaccinazione rispetto alla popolazione generale maschile e dovrebbero beneficiare di campagne mirate alla prevenzione delle lesioni ano-genitali e neoplasie dell'ano, pene e oro-faringe.
Essendo considerati un gruppo a maggior rischio, gli individui omosessuali, così come i maschi e le femmine Hiv positivi, possono talvolta richiedere l'accesso gratuito alla vaccinazione (ogni Regione è a sé).
10 Esiste una cura medica per il papilloma virus?
Attualmente non abbiamo delle cure evidence based: non è cioè dimostrato che ci siano dei prodotti medici in grado di aiutare il nostro sistema immunitario a debellare il virus. Nemmeno vi sono, per ora, integratori alimentari o immunostimolanti che abbiano una comprovata efficacia nel far regredire le lesioni.
Inoltre, non si è ancora trovato un vaccino terapeutico ma solo preventivo (vedi domanda 26).
Nonostante non esista una cura per il virus, esiste tuttavia la possibilità di trattare le lesioni partendo dal concetto che, quando si fa prevenzione, si intercettano delle lesioni che non sono ancora tumorali; questo garantisce alla paziente di eliminare la lesione (non il virus) e di ottenere la guarigione in più del 90% dei casi (vedi domanda 18).
11 Esistono accorgimenti che possono prevenire il virus?
Conviene innanzitutto concentrarsi sui fattori di rischio che possono aumentare le probabilità di contrarre il virus: il fumo, il numero di partner sessuali e la frequenza dei rapporti, l'uso per più di 5 anni della pillola, l'età del primo rapporto, la coesistenza di altre malattie sessualmente trasmissibili, avere avuto più di 5 figli.
Per quanto riguarda la protezione, sappiamo che il preservativo non è efficace al 100%, ma rimane l'accorgimento migliore poiché tende ad eliminare la possibilità che ci siano dei microtraumi nel rapporto sessuale che possano aprire il varco ad una trasmissione diretta del virus.
Ovviamente la sessualità femminile e maschile non comprende solo la penetrazione, dunque c'è un minimo di rischio di infezione che deriva dal contatto tra mucose (sono coinvolti nel rischio, pertanto, anche il sesso orale e il sesso anale).
Come dicevamo alla domanda 2, ci deve essere contatto senza preservativo per contrarre i ceppi ad alto rischio del virus.
[Tra i dispositivi di barriera, anche i Dental dam possono esser utili, ad esempio per il cunnilingus, e sono efficaci nel prevenire infezioni orali, vaginali o anali. N.d.R.]
12 Perchè effettuare lo screening e da che età?
Dai 25 anni lo screening (vedi domanda 14) ti permette di identificare precocemente eventuali lesioni, monitorarle e osservarle sapendo che fino all'80% dei casi esse possono avere una regressione spontanea nei primi 2 anni, come abbiamo detto. Inoltre, permette di identificare eventuali lesioni ad alto rischio e trattarle, aumentando la probabilità di guarigione al 90%. Questo è il fine della prevenzione.
13 Dove posso effettuare lo screening e ottenere informazioni?
Si può decidere di farlo anche dal ginecologo privato, che può sicuramente fornire informazioni e counselling accurato, oppure rispondendo all'invito di Prevenzione Serena, che spedisce una lettera a casa a partire dai 25 anni.
L'iter di Prevenzione Serena è preziosissimo ed è gratuito ma non ha la forza lavoro sufficiente per poter fare anche counselling, per questo spesso le persone non escono con abbastanza informazioni e chiarimenti, alimentando così dubbi, domande e paure.
14 Come si effettua lo screening e che differenza c'è tra Hpv test e Pap test?
Da 25 ai 30 anni si viene chiamati ogni 3 anni per effettuare il Pap test; dai 30 ai 65 anni si viene chiamati ogni 5 anni per l'Hpv test.
Il Pap test è un esame citologico in cui si preleva del materiale di esfoliazione dal collo dell'utero che poi viene guardato con delle colorazioni per cercare delle alterazioni visive. Si effettua con spatola e citobrush che grattano un pochino e possono dare fastidio.
L'Hpv test prevede la stessa modalità di prelievo, ma non si cercano anomalie morfologiche sulla forma e il colore delle cellule: si cerca il DNA del virus e, in particolare, l'Hpv test usato da Prevenzione Serena si sofferma solo sulla ricerca dei ceppi ad alto rischio (vedi domanda 3).
Come abbiamo visto, infatti, dopo i 30 anni si ha una probabilità maggiore di avere una lesione HSIL e l'Hpv test è molto più sensibile rispetto al Pap test, motivo per cui viene adottato dopo questa età. Il Pap test, infatti, può trovare anche lesioni non dovute al Papilloma virus o può non trovare alterazioni che sono invece presenti (falsi negativi). Attualmente è partita la sperimentazione con l'Hpv test anche dai 25 ai 30 anni.
Sotto i 30 anni, se il Pap test è negativo si viene richiamati dopo 3 anni. Se è positivo, viene mandata una lettera a casa da Prevenzione Serena per fare una colposcopia, cioè un esame di secondo livello che permette di vedere il collo dell'utero e identificare visivamente delle modificazioni; infine viene fatto un approfondimento con la biopsia. La biopsia ha lo scopo di confermare la presenza della lesione e di graduarla meglio (LSIL/HSIL) e consiste nel prelievo di una piccola parte di tessuto.
Dai 30 anni in su, se capita di avere l'Hpv test negativo si viene richiamati dopo 5 anni. Se l'Hpv test è positivo, e viene quindi identificata un'infezione da ceppo ad alto rischio, sul campione viene immediatamente effettuato il citologico (Pap test), cioè la ricerca delle lesioni. Se il Pap test è negativo (e quindi si ha Hpv test positivo e Pap test negativo) viene comunicato per lettera, ma, siccome in 12 mesi si hanno alte probabilità di guarire spontaneamente, si torna dopo 1 anno a ripetere il test. A quel punto, se l'Hpv test è ancora positivo, indipendentemente dal Pap test che non viene più rifatto, si riceve l'invito a fare il secondo livello che è quello colposcopico. Se invece l'Hpv è negativo si viene richiamati dopo 5 anni poiché il virus è regredito da solo.
Figura 2 (Fonte: Le 100 domande sull'Hpv)
L'uso di questi due test porta, quindi, a varie combinazioni di esito possibile. Riassumiamo le situazioni più classiche con l'aiuto della Figura 2:
Hpv test + e Pap test – = si ha il virus ma non la lesione, si torna dopo un anno ad effettuare un altro Hpv test
Hpv test – e Pap test + = può capitare per falsi negativi dell'Hpv test o perché si ha una lesione dovuta ad un ceppo di Hpv a basso rischio (ricordiamo che l'Hpv test di Prevenzione Serena cerca solo ceppi ad alto rischio)
Hpv + e Pap test + (lesioni) = si viene invitati a fare la colposcopia
[Queste disparità negli esiti ai due test contribuiscono molto a generare confusione e ansia nelle pazienti, per questo è importante comprendere bene che significato hanno e richiedere informazioni chiare. N.d.R.]
15 Può succedere che durante l'Hpv test o il Pap test venga eseguita anche la biopsia?
Può capitare solo al secondo livello, cioè sotto i 30 anni quando si ha Pap test + o sopra i 30 anni quando si ha Hpv persistentemente + (cioè positivo per più di un anno).
A quel punto, come abbiamo detto, viene fatto un esame visivo che si chiama colposcopia, durante il quale vengono messi dei liquidi sul collo dell'utero che danno alterazioni di colore. Se ci sono alterazioni si fa una biopsia, che è un pizzicotto con una pinza ad hoc che serve per prelevare tessuto in modo mirato ed esser sicuri che lì ci sia una lesione.
Questo esame di secondo livello è più impegnativo, anche se è ambulatoriale, dura dai 10 ai 30 minuti e può determinare sanguinamento e dolore soggettivo. Attenzione: la biopsia non rimuove la lesione (a meno che non sia di dimensione millimetrica e quindi venga già via col prelievo). In generale, se si ha una lesione e la biopsia risulta positiva è poi necessario rimuovere tutta la parte di tessuto alterato con una procedura detta conizzazione (vedi domanda 18).
16 E' prevista l'anestesia per la biopsia?
Di solito no, perché l'iniezione di un anestetico prevede, in media, lo stesso tipo di invasività e dolore della biopsia. Dopodiché, se si hanno lesioni molto sanguinanti che prevedono anche di cauterizzare, può esser prevista l'anestesia, ma, in genere, la maggior parte delle biopsie non procurano dolore, solo fastidio.
17 E' normale avere dei sanguinamenti dopo la biopsia?
Avere sanguinamenti dopo il test è normale e dipende dalla gravità delle lesioni: più sono vascolarizzate e più sanguinano. Generalmente si avvisa la paziente di come è andato l'esame e se si vede un po' di sanguinamento si prendono già dei provvedimenti sul momento con delle spugnette emostatiche. Poi si avvisa la paziente del decorso, spiegando che eventualmente, se il sanguinamento dovesse protrarsi molto, il colposcopista o il medico di base possono prescrivere dei medicinali con funzione coagulativa.
18 Come si trattano le lesioni?
Nella maggior parte dei casi, sulle lesioni di alto grado (HSIL), si procede con un metodo consolidato cioè la conizzazione: si asporta la parte più superficiale di tessuto del collo dell'utero là dove è localizzata la lesione che si vede in colposcopia. E' noto che la maggioranza delle lesioni sta entro 1 cm, al massimo 1 cm e mezzo di profondità.
La conizzazione è sempre associata ad una guarigione della zona senza uso di punti e facendo una cauta emostasi, cioè una cauterizzazione che produce un sanguinamento da medio ad abbondante che va spiegato alla paziente.
Questa procedura permette la guarigione dalla lesione nella stragrande maggioranza dei casi (90%) ed è seguita da un monitoraggio scandito da un protocollo che permette di verificare la persistenza, individuare nuove lesioni o re-infezioni (che purtroppo sono possibili in circa il 10% dei casi).
I controlli più stretti sono nei primi 2 anni (ma si arriva anche fino ai 5), dopodiché per le lesioni di alto grado non si dovrebbe mai uscire dai controlli annuali.
La conizzazione si fa con anestesia, in ospedale, ed è una procedura ambulatoriale in giornata. E' importante chiarire che la procedura tratta la lesione, non il virus. E' anche vero che si va ad eliminare la parte che contiene la maggioranza di carica virale e per questo motivo ci si aspetta la massima probabilità di una scomparsa spontanea del poco virus rimasto. Quindi, il controllo della presenza del virus mediante l’Hpv test, va fatto non prima di 12 mesi per dare tempo al corpo di eliminarlo.
Se invece ai controlli compaiono nuove lesioni, si fa una nuova colposcopia e si ricomincia il giro (vedi domanda 14).
Si possono fare più conizzazioni nell'arco di una vita, il numero dipende dalla capacità rigenerativa del collo dell'utero della paziente. Nella maggioranza dei casi si può arrivare fino a 3 conizzazioni; in alternativa, se persistono lesioni molto gravi, si può arrivare fino a togliere l'utero, ma i casi come questo hanno una percentuale molto molto bassa, inferiore all'1%.
Le conizzazioni in genere non determinano alterazioni della sessualità né riducono la fertilità.
19 Qual è la probabilità che una lesione si trasformi in tumore e quali sono i tassi di mortalità?
La probabilità che una HSIL diventi tumore va dal 12 al 36%. In Italia, nel 2018, il numero di nuovi casi di tumore era di 7,5 ogni 100.000 donne.
Bisogna tener presente che il tasso di mortalità del tumore al collo dell'utero è diminuito di oltre il 50% negli ultimi 20 anni grazie alla prevenzione: morivano 8 donne su 10 negli anni '80 contro 2 donne su 10 nel 2002 ed è probabile che in questi ultimi 17 anni il numero sia diminuito ancora. In Italia, ad esempio, nel 2015 si sono registrati 435 casi di decesso per tumore della cervice, mentre nel 2018 il numero è sceso a 135.
Rimane il fatto che il tumore della cervice sia la seconda causa oncologica di morte nelle donne; è il secondo tumore più frequente e per questo la prevenzione è così importante.
In caso di tumore, i trattamenti elettivi sono quelli oncologici quindi radioterapia, chemioterapia e interventi.
20 Quando devo iniziare a preoccuparmi?
La fortuna di avere questo programma di screening sta proprio nel fatto che ti toglie la preoccupazione perché, se si aderisce, ci si ritrova in un contenitore che fa diagnosi prima che ci si debba allarmare. Se si viene chiamati per la colposcopia sicuramente non si sarà sereni, ma si deve pensare che si è sulla strada giusta per individuare qualcosa di potenzialmente più grave che se non lo si fosse mai scoperto.
E, in ogni caso, anche se si venisse richiamati più volte per la colposcopia, la storia di evoluzione della malattia legata all'HPV è di 15/20 anni.
Se non si aderisce allo screening, non si fa nulla per tutelarsi e ci si mette in condizione di rischio tumore, ma, se si fanno i controlli cadenzati, questo rischio lo si abbatte perché si può interrompere la diffusione dell'infezione e bloccare la progressione della malattia prima che diventi invasiva, con le procedure che abbiamo descritto.
21 Se il virus regredisce, non lo contraggo più?
Purtroppo la regressione non dà immunità, ciò significa che è possibile che ci sia la re-infezione anche dello stesso ceppo del virus che si era già contratto e nessuno sa dire se si possa trattare di una riattivazione dello stesso o se sia stato contratto nuovamente: non sappiamo sempre rispondere a questa domanda.
22 Se ho il virus Hpv può essere colpa del mio partner?
E' probabile, ma non è detto. Si può esser stati contagiati anche da un partner precedente, ma il virus può esser rimasto latente a lungo: cioè per un periodo si è stati portatori e poi si è attivato solo in seguito. [Quindi, non necessariamente la presenza del virus in una coppia monogama deve essere visto come indice di tradimento. N.d.R.]
23 Devo informare il partner se sono positiva all'HPV?
Sì, bisogna informarlo perché si tratta comunque di una Malattia sessualmente trasmissibile. Il partner deve sapere che a quel punto è bene usare il preservativo (soprattutto se non si ha un partner fisso, ma anche all'interno delle coppie stabili, almeno durante il periodo in cui si è sotto osservazione) e lo si deve anche informare dei rischi che il preservativo o il sesso orale/anale comunque comportano.
24 E' possibile rimpallarsi il virus all'interno di una coppia (se il virus regredisce, ma nel frattempo l'ho già trasmesso al partner, posso riprendermelo)?
Sì, è possibile ed oltre a questo, purtroppo, il problema deriva anche dal fatto che essendoci diversi ceppi esistono coppie in cui si trovano HPV diversi che possono essere passati dall'uno all'altro. Ma, senza allarmarsi, è importante ribadire che bisogna avere rapporti protetti nel periodo in cui si è sotto osservazione, dopodiché se si è in una relazione stabile non è più necessario poichè la situazione si stabilizza.
Questo perché ci sono delle “finestre di contagiosità”: ad esempio, quando si è appena contratto il virus, esso si trova sul collo dell'utero e il partner in quel momento ha un rischio di contagio superiore al 70%. In seguito, però, il virus “scende” nella mucosa (vedi Figura 1) (oppure viene debellato) e diventa quindi più difficile passarlo. La stessa cosa succede nell'uomo: subito dopo aver contratto il virus esso si trova sulla parte esterna della mucosa e la contagiosità è massima, ma dopo qualche tempo viene debellato oppure “scende” annidandosi nelle parti più interne della mucosa e quindi la trasmissione diventa più difficile.
Per cui, rimane difficile capire quale sia la probabilità di contagio, perché non possiamo sapere esattamente quando sia stato contratto il virus e quanto rimanga in superficie, ma se non ci sono altri partner coinvolti, se sono state usate precauzioni ed è passato il periodo di osservazione annuale, possiamo presumere che la finestra sarà stata coperta ed è difficile che avvenga quel rimpallo che angoscia così tanto le coppie. Pertanto si può riprendere una vita sessuale più serena.
25 Posso avere figli se ho l'Hpv?
Si, il virus non danneggia l'apparato riproduttivo e, passati i tempi di controllo in cui si assesta la guarigione, si può cercare una gravidanza. Non incide nemmeno sul parto poiché non c'è rischio di trasmettere il virus al bambino, anzi, è da preferirsi l’espletamento del parto per via vaginale. Il trattamento delle lesioni del collo dell'utero, invece, può aumentare il rischio di parto pre-termine.
26 Quando è opportuno vaccinarsi contro il papilloma virus?
Dal 2008 i vaccini sono gratuiti per i bambini nel 12° anno di età [quando si presume non siano ancora attivi sessualmente N.d.R.]: si riceve direttamente una lettera di convocazione dall'Asl territoriale. Se prima venivano vaccinate solo le femmine, dal 2018 sono stati chiamati anche i maschi della stessa età per contenere la diffusione del contagio.
I vaccini sono raccomandati anche per le persone dopo i 12 anni: fino ai 25 anni si possono richiedere autonomamente e vengono forniti gratuitamente (in Piemonte); dopo i 25 anni e fino ai 45 sono a pagamento ad un prezzo agevolato. I vaccini sono contro i 9 ceppi più pericolosi.
Sono raccomandati anche dopo aver fatto delle conizzazioni (ad es., dal 2019, la Regione Toscana vaccina gratuitamente le donne sottoposte a conizzazione) e anche contro un ceppo che si è già contratto o che è ancora in atto; questo perché comunque proteggono contro gli altri 8 ceppi che sono potenzialmente fonte di recidive, alzando così le difese. Si è visto che più si cresce e meno il vaccino diventa efficace ma, in realtà, la difesa che esso può garantirci resta comunque più elevata di quella naturale del nostro corpo, quindi è una protezione opportuna.
In ogni caso, anche una volta effettuato il vaccino, si effettua lo screening con le stesse modalità.
[Il vaccino anti-HPV è estremamente sicuro e ben tollerato come risulta da anni di sperimentazioni condotte prima dell’immissione in commercio su oltre 25.000 adolescenti e donne. N.d.R.]
27 L'Hpv esiste da sempre?
Si, è conservato addirittura in dei ritrovamenti dei tempi degli egizi.
Lo stiamo ancora studiando: attualmente si sta completando il follow up sulla prima coorte di ragazze vaccinate e si sta capendo se estendere l'Hpv test anche sotto i 25 anni. Alla luce del vaccino introdotto e dei risultati, infine, si valuterà se allungare ulteriormente i tempi di chiamata dello screening (attualmente ogni 5 anni).
28 Perchè le informazioni che si trovano in merito all'HPV sono ancora spesso discordanti?
Perché ci sono questioni sulle quali non abbiamo ancora dati super solidi (modalità di trasmissione, tempi di contagio, ecc.) e perché da quando si è scoperto di più su questo virus, esso è stato associato alla prevenzione del tumore al collo dell'utero generando il panico.
Quando è stato ideato lo screening del pap test, infatti, non si sapeva che il tumore fosse legato ad un'infezione da papilloma virus: se veniva trovata un'alterazione si era sollevati nell'averla scoperta in tempo, un po' come avviene nella mammografia, senza interrogarsi più di tanto sulla sua origine. La scoperta di questo collegamento HPV-tumore, invece, ha cambiato la percezione dello screening: siccome c'è un'infezione all'origine, che può derivare da un mio comportamento, si attiva un vissuto di colpa oltre che di preoccupazione verso la possibilità di sviluppare un cancro. E' stato demonizzato il virus come era successo con l'HIV 20 anni fa ma, in questo diverso ambito, la prevenzione è stata creata per prevenire il tumore, non il virus.
29 Come mai si conosce poco l'argomento nella popolazione, soprattutto tra i giovani che, diventando sessualmente attivi, dovrebbero invece essere bene informati?
E' noto e comprovato da interviste sul territorio, che nel 2008 la campagna di sensibilizzazione dei pediatri sulla vaccinazione anti-HPV era fallita, poiché i primi a non credere nella sua utilità erano loro. Poi si è lavorato molto su questo, anche grazie all'Osservatorio nazionale di screening che ha capito che serviva una diversa comunicazione alle utenti su ciò che il virus comporta e su ciò che emerge dallo screening, limitando i danni della disinformazione.
Da questo lavoro di approfondimento e studio sono nate anche “Le 100 domande sull'Hpv” http://gisci.it/documenti/documenti_gisci/100D_HPV_2018.pdf , uno strumento molto utile al quale rimando chi volesse approfondire ulteriori aspetti.
30 Riscontra anche lei un livello d'ansia molto alto legato al Papilloma e al suo iter?
Sì, assolutamente. Spesso le paure si riducono già molto con delle buone informazioni, ma questo richiede del tempo da prendersi con il paziente per essere il più possibile esaustivi.
E' vero che Prevenzione Serena, non avendo la possibilità di soffermarsi, spesso forse tende a “minimizzare” un po' il tutto, ma è anche vero che questo è l'unico modo che ha per cercare di far tornare le pazienti ai controlli.
Andrebbe spiegato ai pazienti che, anche se è stressante sottoporsi allo screening, è l'unico modo che abbiamo per sorvegliare un virus che nel corso degli anni può avere un comportamento bizzarro.
Come abbiamo visto, i risultati che si hanno non sono sempre così lineari ed è anche questo che destabilizza le persone. E' una situazione molto frustrante anche per noi medici, ma quel che abbiamo a disposizione ad oggi sono queste metodiche e il valore aggiunto dello screening è poter leggere nel tempo l'insieme degli esami. Ciò significa che longitudinalmente si può dare al paziente una prognosi e i test sono il “prezzo da pagare” per avere la fortuna di poter controllare costantemente la situazione.
Lo screening andrebbe quindi visto come un vantaggio che garantisce maggior sicurezza rispetto al non essere monitorati da esperti.
Hpv e sofferenza psicologica
Come si evince dalle domande, la complessità dell'Hpv e del mondo che gli ruota intorno è alta e finisce per toccare le tematiche più varie: dalla sessualità, alla malattia, all'immagine di sé, alla generatività, alla coppia, alla fedeltà.
Lavorando in seduta sulle domande, sulle paure e sulle ansie delle mie pazienti, ho toccato con mano quanto questo virus possa destabilizzare.
Il fatto che sia più probabile contrarre il virus all'aumentare del numero di partners, apre al senso di colpa, al biasimo verso se stessi (“te la sei cercata”) e alla paura di essere additate come donne “facili” se si condivide questa informazione. Queste colpevolizzazioni non sono certamente opportune, ma, rifiutando logiche retrograde, va tenuto presente che più partners si hanno e più aumenta la possibilità di entrare in contatto col virus, pertanto è necessario tutelarsi.
La trasmissione del virus tra partners può accendere sospetti di tradimento o portarne a galla di effettivi (anche se non necessariamente correlati al virus); può portare ad evitare il sesso col partner poiché ci si sente “contaminati” o perché, all'opposto, si ha paura di contrarlo. Tutto questo ovviamente influenza negativamente sia il rapporto di coppia che la sessualità.
Per chi si trova alle prese con lesioni ad alto rischio e conizzazioni, oltre all'ansia verso il tumore, possono insorgere paure rispetto alla futura capacità di aver figli, al parto, alla possibilità di portare cicatrici, di subire un'asportazione dell'utero o di non poter più avere una sessualità normale. Inoltre, dato lo stress del periodo di osservazione e la paura di un nuovo contagio, si può arrivare a decidere di rifiutare il sesso, escludendolo in toto dalla propria vita, pur di non riattraversare un iter vissuto con molta ansia.
Infine, anche la percezione di sé come persona “malata”, seppur infondata, può portare a picchi d'ansia o addirittura a rivedere il proprio stile di vita ristrutturando l'immagine di sé intorno alla “malattia”.
Ovviamente non tutte le donne reagiscono allo stesso modo alla notizia del virus ma rimane il fatto che sperimentare ansia e avere paure, dubbi e mille domande nel proprio cammino con il Papilloma sia più che normale e la speranza è che le parole della Dott.ssa Perono Biacchiardi possano aver fornito qualche risposta.
Tuttavia, quando l'ansia raggiunge i livelli descritti e non si riesce a trovar risposta alle proprie paure, può essere opportuno rivolgersi ad un ginecologo per ottenere informazioni specifiche sul proprio caso e ad uno psicoterapeuta per lavorare sulla riduzione degli stati ansiosi, ripristinare una gestione più efficace dei propri “pensieri catastrofici” e, nel caso si rendesse purtroppo necessario, ottenere supporto nell'affrontare il carcinoma.
Se sentite di aver bisogno di rivedere la vostra gestione emotiva dell'Hpv, potete quindi contattarci presso l'Associazione Eco http://www.ecoassociazione.it/.
Quali scenari per il futuro?
I dati diffusi dal Ministero della Salute sulla vaccinazione contro l'Hpv aggiornati al 2017 ci dicono che la copertura vaccinale è ferma al 49,9% per le femmine e al 15% per i maschi e che il numero di ragazze vaccinate sta progressivamente diminuendo dal 2008 ad oggi!
Questi numeri sono ben al di sotto della soglia ottimale prevista dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (95%). Sarebbero necessari interventi mirati nelle Regioni italiane tenendo presente che la vaccinazione anti-HPV, pur non rientrando tra quelle obbligatorie secondo la Legge, è un Livello Essenziale di Assistenza soprattutto se si considera che ogni anno in Italia vengono registrati 6500 nuovi tumori riconducibili al virus.
Il problema è che una campagna di informazione era già stata fatta nel 2012 quando, dalle ricerche commissionate dal Ministero della Salute per verificare l'andamento del piano vaccinale, si era evidenziato che le famiglie ricevevano poche e discordanti informazioni sull'Hpv e sui vaccini ed avevano paura degli effetti collaterali. Come abbiamo visto, si era compreso che la principale fonte di disinformazione erano i pediatri che consigliavano il vaccino solo nel 30% dei casi. Si rendeva quindi necessario migliorare la formazione sul tema e le capacità comunicative di tutti gli operatori sanitari di riferimento, non solo dei pediatri.
Per le famiglie, la difficoltà nell'approcciarsi al vaccino sembrava risiedere nella presenza dell'elemento sessuale implicato nell'Hpv. Infatti, tra le risposte a quell'indagine del 2012 si faceva spesso riferimento al fatto che la propria figlia fosse troppo giovane per essere sessualmente attiva e, pertanto, una vaccinazione contro l'Hpv non fosse pertinente. Di fatto, solo il 34% delle famiglie considerava le proprie figlie a rischio infezione da Hpv (quando sappiamo che il rischio di contrarlo è del 90% nelle ragazze giovani).
Questo indica quanto le informazioni sulla trasmissione del virus e sulla necessità di un vaccino precoce fossero scarse o non ben trasmesse.
Infine, solo il 37% delle famiglie intervistate sapeva che il virus colpisce anche i ragazzi.
Non ci sono dati più recenti per dire se la conoscenza e l'informazione siano migliorate, sicuramente però continua a non esser facile reperire risposte chiare e corrette sul Papilloma.
Sappiamo, inoltre, che le persone cercano informazioni sul Papilloma soprattutto su internet, quindi forse la rivoluzione dovrebbe passare da lì.
E' emblematico il caso della Danimarca che, alle prese con gli stessi scetticismi e la riduzione drastica della popolazione vaccinata, nel 2014 ha approfondito le cause scoprendo che gran parte del dibattito sul vaccino Hpv si svolgeva su Facebook. Un anno dopo, le autorità sanitarie hanno lanciato la campagna "Stop HPV, Stop Cervical Cancer" che ha visto la pubblicazione di articoli e soprattutto l'apertura di una pagina Facebook per rispondere alle domande dei genitori e dei ragazzi e condividere storie. In 2 anni la Danimarca ha raddoppiato il numero di ragazze vaccinate.
In Italia, oltre alle “100 domande sull'Hpv” già citate http://gisci.it/documenti/documenti_gisci/100D_HPV_2018.pdf, tra le iniziative virtuose c'è la recente campagna di informazione “Ho una storia da raccontare…” realizzata dalla Fondazione Insieme contro il Cancro, che trovate qui https://www.hounastoriadaraccontare.it/ .
Speriamo che questo nostro articolo possa contribuire a fare un po' di chiarezza e a indirizzare le persone verso i canali di informazione, prevenzione e sostegno così preziosi e necessari.