Bisogno di silenzio
Autore: Gabriella Merenda
Esiste un luogo, che appartiene al nostro immaginario,in cui la fantasia assume dimensioni reali e la percezione di noi si ritrae fino a diventare piccola, un’ombra del grande IO dal quale cerchiamo di nutrirci ogni giorno.E’ un luogo della nostra infanzia, dei desideri desiderati, del bisogno di credere, della necessità di affidarsi agli altri e del coraggio per farlo.
Potrei così parlare della dimensione più inconscia di noi, di quello spazio scuro in cui cerchiamo di ritrarci quando la vita ci dà qualche bastonata, o quando crediamo di non riuscire a dimostrare chi siamo.
Potrei così parlare di ciò che si nega desiderandolo sempre di più, chi piano ,piano ,si ritrae in una dimensione depressiva, nascondendosi sotto le coperte o infilandosi nella televisione.
Potrei così parlare dell’illusione ,ricercata da molti, nelle varie sostanze chimiche tanto ben conosciute da molti, giovani e no, che si prendono l’aiutino per sostenere il fine settimana. Invece parlo di una dimensione emotiva, suscitata da un luogo reale che a noi pare irreale. Ho avuto la fortuna di andare in Lapponia, nel bianco paesaggio silenzioso dell’estremo nord Europa.
La dimensione onirica, evocata dal candore, la conosciamo tutti.
L’immaginario collettivo ci riporta in una bolla ovattata, tra le braccia di chi ci accudito, nei primi giorni della nostra vita.
E’ una regressione pura, quella alla quale inconsciamente aneliamo nei periodi tristi della nostra esistenza.
L’estrema vicinanza con la natura, lontano dal continuo confronto con i nostri simili, la percezione del silenzio danno la possibilità di un vero confronto con se stessi.
Certo se pensiamo alle chiusure depressive, in cui tutto è concentrato su se stessi per fuggire da se stessi, il silenzio incute ansia forse anche paura.
Il silenzio è la grande privazione di cui godiamo.
Siamo talmente abituati al rumore, costante ,eccessivo, intontente, che lo utilizziamo come coperta per proteggerci dal sentirci.
Tanto rumore fuori per non sentire la voce interna.
Quando questa sordità perdura per molto tempo , qualche segnale appare in noi, reazioni psicosomatiche, infiniti sintomi ansiosi celati in nevralgia e gastriti, o alla fine e nei casi peggiori in urla mute di disperazione che traduciamo in “crisi di panico” “stati depressivi” “fobie” ecc.
Il contatto con quella natura incontaminata, e il confronto con gli abitanti del luogo che seguono tempi e modalità di vita arcaici, porta a riflessioni sul nostro presente.
Esiste una psicologia ecologica, una dimensione introiettata dell’inquinamento percettivo che subiamo, che dovremmo riconoscere come fattore significativo dei mali metropolitani.
Così come dovremmo poterci permettere la cura del silenzio, il mental training del silenzio, dovremmo iniziare ad insegnare ai nostri figli ad ascoltare il silenzio, il loro e quello degli altri. Per non averne paura, per riascoltare i propri battiti del cuore e perché no magari anche qualche pensiero.