Padre cercasi per affrontare il mondo
Autore: Monica Aitanga Leva
Materno e paterno sono due metafore che, in epoca moderna, descrivono opposti atteggiamenti, dicotomiche modalità di relazione.Se, da una parte, una visione orientata agli aspetti “materni” della relazione rimanda a esperienze che si strutturano intorno all’accoglienza, al nutrimento, alla protezione, all’empatia, implicando, quasi come “effetto collaterale”, il rischio di infantilismo, fusionalità, dipendenza; sul versante opposto, una relazione incentrata su “aspetti paterni”, se fornisce la possibilità di offrire regole, favorire il passaggio all’età adulta, definire norme e obiettivi, dall’altra può degenerare in rigidità, distacco, forza, oppositività.
Eppure, sapientemente integrati, questi due codici rappresentano strumenti fondamentali per l’evoluzione dell’individuo. Il sostegno e il supporto affettivo sono, infatti, necessari per entrare nel mondo esterno con adeguate ed efficaci capacità espressive e comunicative, ma, per andare da soli nel mondo, occorrono anche forza, resistenza, disciplina, volontà e responsabilità: qualità, tutte, della funzione psicologica paterna, oggi più che mai in declino.
Per essere padre, un uomo deve fare due cose contraddittorie: essere forte e determinato e, al contempo, tenero.
Se ne deduce che il lavoro di avvicinare le due polarità che caratterizzano ogni maschio, quella competitiva, istintiva, animale e quella protettiva, paterna, è un costante lavoro di autodisciplina.
La rarefazione della funzione paterna trova espressione in un preciso sintomo della società attuale: l’incapacità di “rimandare” per costruire un progetto che duri nel tempo, implicando il ritiro dalla dimensione sociale e dall’impegno civile per rifugiarsi nel privato.
Le conseguenze del fenomeno della privatizzazione della famiglia, ormai esautorata da quella sua peculiare funzione di agenzia sociale, di ponte tra affetti privati e relazioni sociali, tra desideri e frustrazioni, tra diritti e doveri, riguardano una generazione di giovani che non è contenuta, che non è abituata a controllare passioni e impulsi e che vive seguendo esclusivamente i desideri.
Come possono, allora, gli adolescenti essere aiutati a strutturare personalità forti e capaci di affrontare le difficoltà cui andranno incontro da adulti?
Le innumerevoli pressioni sociali, negli ultimi decenni, hanno sancito il passaggio dalla “famiglia etica” a quella “affettiva”, all’interno della quale sono le relazioni vicine a essere maggiormente valorizzate, rispetto all’imposizione di regole o all’interiorizzazione di principi di vita. Il rispetto e l’obbedienza perdono la tradizionale connotazione di dovere e imposizione, per divenire una sorta di richiesta d’amore, tipica del codice affettivo materno.
Ciò che si osserva, infatti, nella moderna famiglia affettiva, è una forte impronta “madrifocale”, risulta cioè la madre il principale referente educativo, soprattutto in virtù del maggior tempo trascorso con i figli rispetto al padre e, di conseguenza, del suo maggior coinvolgimento.
Tale situazione genera, sovente, una sorta di complicità e alleanza tra madri e figli, che comporta il rischio di porre il padre ancor più sullo sfondo, risultando, nella percezione dell’adolescente, più giudicante e, dunque, meno ricettivo verso i suoi bisogni.
Questo, nonostante la vasta letteratura sul tema concordi sull’aumento di conflittualità nel rapporto madre-figlio nel corso dell’adolescenza, in particolare tra i 15 e 18 anni, periodo in cui la madre, che globalmente si percepisce come più efficace del padre, tende a sentirsi sempre meno competente.
Un recente e interessante studio evidenzia come i sentimenti vissuti dalla madre all’interno della relazione di coppia, corrispondano in modo significativo ai sentimenti espressi dai figli nella loro relazione con i padri: vale a dire che la sensibilità della madre, espressamente in virtù della sua notevole influenza, risulta di fondamentale importanza nella regolazione del rapporto tra padre e figlio.
Va sottolineato, inoltre, come, soprattutto nella fase dell’adolescenza dei figli – in particolare a causa dell’attuale complessità che la caratterizza – il senso di competenza paterna venga messo a dura prova, in quanto gli atteggiamenti tipicamente oppositivi e la chiusura emotiva dei ragazzi contribuiscono a mettere in luce l’incertezza del ruolo, in bilico tra la memoria storica del proprio padre autoritario e la necessità pressante di una nuova autorevolezza.
Si assiste a un fenomeno paradossale: se in passato era il figlio a temere il giudizio del padre, oggi è la percezione di adeguatezza paterna a passare attraverso l’approvazione del figlio…
Il padre è costretto, nel tentativo di ingraziarsi quest’ultimo, ad apparire più conciliante, orientandosi, in questo modo, ad aggirare i conflitti piuttosto che ad affrontarli e gestirli. L’adolescente non può così confrontarsi con un principio paterno in grado di limitarlo, contenerlo, guidarlo.
La debolezza di questo modello accogliente e rassicurante si concretizza, sia a livello individuale che più ampiamente a livello sociale, in una ridotta capacità di tollerare frustrazioni e fragilità, di andare, appunto, nel mondo adeguatamente equipaggiati.
Gli adolescenti ritardano la loro emancipazione emotiva e restano più a lungo dipendenti, rischiando, oltretutto, di rimanere bloccati in una situazione di confusione relazionale e affettiva che non consente loro di affrontare in modo adeguato i compiti di sviluppo, tra cui quello di “allontanarsi da casa”, perlomeno a livello emotivo.
I giovani hanno bisogno di autorità e lo esprimono anche (e forse soprattutto) quando la negano o la combattono.
Hanno bisogno di un padre in un periodo storico-sociale in cui se ne avverte più che mai l’assenza.
Si può indubbiamente affermare che la moderna famiglia affettiva, qualora sia troppo sbilanciata sulle dimensioni del controllo e del sostegno, è fortemente esposta al rischio di rallentare lo svincolo emotivo del figlio adolescente, che, viceversa, può essere incentivato laddove essa si riveli in grado di offrire, al contempo, anche normatività e fermezza.
Perché questo sia possibile è senza dubbio urgente che i padri portino a compimento la propria ricerca di identità realizzando una paternità più presente e incisiva, riguadagnando, così, un ruolo di guida e mentore per i propri figli.
Parallelamente, è necessario che le madri comprendano l’importanza di trasmettere loro un forte senso di presenza del padre, abdicando a parte del loro potere.
Questo sforzo congiunto si può, allora, tradurre in un modello di coppia coniugale “competente”, che, nel porre il rispetto al centro delle relazioni familiari, saprà certamente coniugare la cura e il linguaggio degli affetti con un’impronta autorevole e normativa.
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